Era riuscita a sopravvivere grazie alle parole.
A quelle nelle quali si era imbattuta per caso, sul profilo di Facebook di uno sconosciuto.
Quelle parole sapevano scendere come un secchio nel buio più profondo del pozzo della sua anima. Si tuffavano a smuovere quell’acqua fredda, nera e ferma. E così in quel buio si agitava una piccola tempesta. Poi il secchio si colmava e lentamente risaliva in superficie. E lei si accorgeva che quell’acqua non era nera come l’inchiostro, ma limpida e fresca. Piacevole da bere.
Chi era costui che sapeva così bene quale fosse la sua difficoltà di vivere?
Per mesi non uscì di casa prima di aver letto il post di quello sconosciuto. Era come una medicina che le permetteva di affrontare la giornata sapendo che non era sola, che qualcuno le offriva le chiavi per resistere. Che qualcuno sapeva come era difficile affrontare la vita tutti i giorni.
Un pomeriggio era uscita prima dall’ufficio.
Mentre camminava lo vide dietro a una vetrina, seduto al tavolino di un bar. Lo riconobbe per la foto che aveva guardato per mesi sul Profilo di lui.
Era seduto davanti al computer portatile, assorto nella scrittura.
Il cuore di lei cominciò a battere forte, le sue labbra si aprirono ad un sorriso.
Fece ancora qualche passo, si fermò e tornò indietro.
Entrò nel bar e ordinò un caffè. Spiava il suo Sconosciuto riflesso nello specchio che c’era dietro al bancone.
Quell’uomo la conosceva meglio di chiunque altro sulla faccia della terra, quell’uomo era il suo uomo.
Voleva conoscerlo, abbracciarlo, ringraziarlo, amarlo.
Ma, proprio mentre si mosse verso di lui, ebbe paura.
E se le sue parole erano solo una magia irripetibile nei fatti? Un possibile quotidiano avrebbe potuto disintegrare la loro eternità? La loro verità?
Quelle parole erano le sue certezze.
Pensò se era pronta a rinunciarvi per tuffarsi nel burrascoso mare dell’incertezza.
In quel momento lui chiuse il portatile. Alzò lo sguardo e le sorrise.
Lei si avvicinò tendendogli la mano.

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